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La scoperta dell'ombrello

Pubblicato: 12-12-2022
Rubrica: Tempi Moderni
La scoperta dell'ombrello

di Alberto Benzoni

Come è noto, l’ombrello è l’oggetto più infido che esista. Perché non ti accorgi mai di averlo smarrito. E non riesci mai a ritrovarlo. Perché lo prendi quando ci sarà il sole; dovendoti affidare poi al bengalese di turno nel caso contrario. Perché è un oggetto ingombrante; con il difetto di aprirsi nel momento e nel luogo sbagliato. E, infine, perché la disciplina, pur praticata di continuo, della scoperta dell’ombrello è l’unica che non prevede alcun tipo di riconoscimento e di premiazione.

Giusto, comunque, che sia così. Perché questa pratica è stata ed è ora più che mai, caratterizzata dalla commistione tra pigrizia mentale e pura e semplice ipocrisia. Come dimostrato dalla recente vicenda del Qatar.

Qui l’ombrello l’avevamo davanti agli occhi e da oltre dieci anni. Chiare le ragioni che l’avevano fatto nascere. Così come i protagonisti dell’operazione. Così come avrebbe dovuto essere chiaro, e da sempre, che la scelta della localizzazione dei grandi Eventi internazionali è legata non solo a fattori oggettivi; ma anche, diciamo così, alla capacità di convincimento dei vari concorrenti.

Così, tanto per fare un esempio, il regolare svolgimento delle Olimpiadi di Berlino - scelta nata in tempi non sospetti - fu garantito dall’accordo tra il regime nazista e il presidente americano del Comitato olimpico (aggiungendo, a nostra ulteriore edificazione, che Hitler rimase al suo posto anche dopo la vittoria di Owens; mentre Roosevelt si rifiutò di riceverlo al suo ritorno, per non perdere il consenso al New Deal da parte dei poveri bianchi del sud).

Ciò detto, qui chi si indigna per Panzeri è proprio fuori strada. In primo luogo, perché la lista della spesa del Qatar, come degli altri paesi del Golfo, opera in ogni campo e coinvolge tutti: dai vertici della politica e della finanza sino a quelli dello sport, Manovalanze comprese. E perché questa corruttela continuata è, in realtà, frutto di una strategia di sopravvivenza, politica come economica, in vista dei giorni, forse non tanto lontani, in cui l’arma del petrolio non potrà più funzionare,

Nello specifico, poi, l’essere oggi, come deputati europei, a libro paga di Doha non ha nulla a che fare con la decisione di assegnare il mondiale al Qatar. Decisione avvenuta almeno dieci anni fa. E frutto di un’operazione segnata non solo dalla corruttela ma dalla consapevole complicità delle massime autorità della Fifa e della Francia e non solo; ma da un silenzio sempre più assordante con il passare del tempo.

Il tutto, diciamo così, alla luce del sole. E in vista di obbiettivi quanto mai realistici anche se moralmente censurabili. Per la Francia, mantenere una presenza attiva quanto lucrosa in Medio Oriente, in contrasto con l’egemonia e i disegni Usa. Per la Fifa, coinvolgere nel grande business del calcio - ma anche nella sua diffusione - un’area importante come il Medio Oriente; e con un’operazione finanziariamente vantaggiosa. Come vedete, molti motivi per protestare; ma, ancor di più, per stare zitti.

A protestare, a chiedere garanzie, ad avere tutte le ragioni per farlo, rimanevano soltanto, allora, i diretti interessati. Gli operai edili provenienti dal Sud e Sudest asiatico. Vittime senza difesa di soprusi d’ogni genere. Perché, sin dall’inizio, privati di diritti e di tutele. E morti, nel generale silenzio, lungo i lunghi anni destinati alla costruzione degli stadi.

Però, non lo hanno fatto. Né nel passato. Né nel corso del torneo, dove la loro protesta avrebbe avuto tutta l’eco dovuta. Né lo faranno domani. Perché è nell’interessi di tutti che le cose rimangano così come sono. Del Qatar, perché in condizione di realizzare finalmente il sogno di tutti i governanti: assicurare il benessere a tutti i propri cittadini senza pagare dazio. Dei paesi di provenienza che si sbarazzano di manodopera in esubero, incassando fior di rimesse. E, ebbene sì, degli interessati che guadagnano molto ma molto di più di quanto, in ipotesi, potrebbero guadagnare a casa propria; per tacere del sostegno alle loro famiglie.

E, allora, signori, risparmiateci la vostra indignazione. Perché avviene a cose fatte. E per situazioni perfettamente simili a quelle che vediamo in casa nostra. E, nello specifico, perché la capacità di indignarsi è un bene prezioso anche perché oggi molto scarso. E, quindi, da usare solo per cominciare a cambiare le cose; perché, in caso contrario, diventerebbe pura ipocrisia.

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