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Le conseguenze del 26 febbraio

Pubblicato: 03-03-2023
Rubrica: Tempi Moderni
Le conseguenze del 26 febbraio

Il sottoscritto, come la stragrande maggioranza degli osservatori, aveva sottovalutato il valore politico del confronto tra Bonaccini e la Schlein. Un po’ perche naturalmente allergico al modello di sinistra rappresentato da quest’ultima (femminista, Lgbt, ambientalista; poco sui diritti sociali; nulla, a quanto mi risultava, sulla guerra). Un po’ perché il confronto Tv tra i due candidati mi era apparso falso nei toni e scarso nella sostanza. Un po’ , infine, perché mi sentivo partecipe dello scetticismo, questo sì generale, sulla possibilità del Pd di uscire dalla crisi strutturale in cui si trovava.

Allo stesso tempo, però, visti i risultati del voto dei circoli ( da 30 a 40 mila voti di scarto su poco più di 150 mila voti espressi) ero ragionevolmente certo che la Schlein  sarebbe stata vincente nel voto dei simpatizzanti; come è avvenuto e con 75 mila voti di scarto.

Sulla validità, formale e politica, di questo voto sono stati formulati una serie di rilievi.

In primo luogo si è detto che era del tutto improprio e lesivo dei diritti degli iscritti affidare le sorti di un partito al voto degli esterni e sulla base di una semplice dichiarazione di voto e del pagamento di ben due euro. Una anomalia non c’è dubbio. Ma lo sarebbe stata ancor di più- e da un punto di vista sostanziale-  considerare decisivo il voto dei circoli. Perché il suo verdetto non sarebbe stato accettato senza problemi dal perdente. E soprattutto perché l’alternativa più seria avrebbe dovuto essere l’indizione di un congresso. E di un congresso vero, perché sede di un confronto aperto di posizioni diverse e non delle ipocrite parate unitarie di questi ultimi decenni ( vedi approvazione per acclamazione della candidatura di Prodi e suo successivo massiccio siluramento).

Si è poi evocata l’Opa  ostile. Leggi il ruolo rilevante del voto 5 Stelle nella sua elezione. Ma le Opa ostili sono organizzate.  E qui non c’è traccia di un’organizzazione. A prescindere dal fatto che un ritorno in forza del Pd sulla scena politica ed elettorale non dovrebbe far parte dei disegni del  gruppo dirigente del Movimento ( ammesso e non concesso che questo ci sia). In ogni caso, questo concorso esterno, manovrato o spontaneo che fosse, non è stato certo rilevante: a partire dal fatto che la Schlein ha vinto al Nord e al Centro, dove questo era più debole e perso a Sud, dove questo era di gran lunga più forte.

Sul peso degli apparati e delle correnti si è detto molto. E , sicuramente, troppo. Specie da parte dei seguaci del partito dei governatori. Ma questo apparato è riuscito a fatica a limitare i danni nel voto dei circoli, vinto nettamente da Bonaccini. E non si vede come abbia potuto rovesciare il verdetto nel voto esterno, fino a prova contraria molto meno controllabile.

Si è poi detto che il voto per la Schlein era, per dirla in gergo, un” voto di protesta più che di proposta”. Adducendo, a conferma di questo giudizio, il fatto che, da dieci/quindici anni a questa parte, nessuno dei segretari eletti come salvatori della patria o scelti per riparare al danno  erano riusciti a ricoprire un secondo mandato. Vero. Ma anche vero che, nel corso del tempo, la materia del contendere aveva mutato segno. Dalla contestazione della mancata efficacia del Pd come forza di governo alla protesta contro la sua incapacità di essere forza di opposizione.

 

Fare più opposizione, dunque; ma quale ? Su questo è difficile formulare previsioni ragionevolmente certe. Ma possiamo ritenere certe due cose: che la scelta dovrà maturare in un futuro non troppo lontano; e che dovrà divergere in modo più o meno netto sia dalla linea perseguita da Letta che da quella iniziale della stessa Schlein.  E per una serie di motivi che cercherò di esporre nel modo più chiaro possibile.

Sintetizzando (e  banalizzando) al massimo, potremmo dire che l’opposizione di Letta aveva come suo motivo ispiratore il pensiero unico: atlantismo, europeismo senza se e senza ma, interventismo democratico, moralità finanziaria. Affidando di conseguenza il compito di richiamare all’ordine un centro-destra spregiatore delle regole alle autorità, interne ed esterne, a ciò preposte. Con l’obbiettivo di ritornare a un governo di unità nazionale, a sostegno di un’agenda, modello Monti/Draghi. Ma per finire con un opposizione languida e perdente al governo più di destra nella storia della seconda repubblica.

Dal canto suo, l’opposizione inizialmente incarnata dalla Schlein si ispirava al politicamente corretto: diritti civili, antifascismo di maniera, ambientalismo tradizionale, valorizzazione della diversità, accoglienza e via discorrendo. Ma la stessa Schlein si troverà ben presto nella necessità di superarla. Perché non corrispondente alle aspettative dei suoi sostenitori. Perché elettoralmente non pagante. Perché è timida sulla questione fondamentale della guerra e dei suoi effetti collaterali, internazionali e interni.   Perchè incapace di opporsi con efficacia all’attacco a tutto campo della destra, italiana ed europea, contro quello che rimane della sinistra e delle sue istituzioni. Ma, infine e soprattutto, perché, non suscettibile, di apparire, agli occhi degli elettori, una reale e realistica alternativa di governo.

Non è detto, naturalmente, che la Schlein e il gruppo che la sostiene siano in grado di compiere il necessario “salto di qualità”. Anche perché, a suggerirgli cautela saranno in tanti. Quelli che temono scissioni ( che, in ogni caso, ci saranno e non solo silenziose). Quelli che vedono come il fumo agli occhi qualsiasi convergenza con il M5S. Quelli che considerano  le proposte legislative ( dal salario minimo, al rifiuto di rapporti con gli stati canaglia al solo scopo di impedire le partenze dei migranti; dalla introduzione dello jus scholae alla modifica della Bossi/Fini e del jobs act, sino a quella della legge elettorale) che non hanno la minima possibilità di essere adottate, come semplici leggi/manifesto e non come base di un programma politico elettorale. Quelli che interpretano anche il semplice allentamento dell’europeismo senza se e senza ma e del sostegno a Zhelensky sino all’immancabile vittoria finale come un salto nel buio o, peggio ancora, come il primo passo verso la perdizione.

Possibile, anche se non probabile che la Schlein faccia proprie, in qualche modo, queste preoccupazioni, fermandosi prima ancora di partire o rimanendo nell’ambito di un’opposizione fracassona quanto innocua e di corto respiro. Ma sarebbe la definitiva liquidazione del Pd; non necessariamente accompagnata, è il caso di dirlo, dalla automatica rinascita di una sinistra degna di questo nome. Con la Schlein dispersa sotto le macerie.

Probabile, invece, che la nuova segretaria vada avanti. Per farlo deve, semplicemente, guardare oltre sé stessa e, soprattutto, oltre il Pd. Se tentasse faticosamente di imparare un mestiere che non è il suo- quello di segretaria del Pd- perderebbe il suo tempo e verrebbe, in men che non si dica, risucchiata e spolpata dall’ambiente. Se si considerasse, invece, come uno dei punti di riferimento di un mondo, quello della sinistra e del socialismo antagonista che c’è, e ribolle lungo tante correnti d’acqua e sotto la terra, allora i grandi movimenti contro la guerra, per la democrazia, per il ritorno dello stato e del pubblico, per la valorizzazioni delle grandi istituzioni su cui si regge la nostra costituzione, troverebbero la loro unità e moltiplicherebbero le loro forze.

Unirsi. Ecco il punto. Solo così potrà essere vinta la nostra scommessa. E sottolineo la parola “nostra”.

Alberto Benzoni

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