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Introdurre subito il reato di omicidio sul lavoro

Pubblicato: 04-05-2024

Una grande sfida di civiltà

Continua la strage dei lavoratori sul posto di lavoro. Il primo maggio i sindacati hanno lanciato l’allarme.

E’ una vera e propria carneficina di cui il governo in carica finge di non accorgersi e i datori di lavoro l ritengono un incidente di percorso e il prezzo da pagare per l’occupazione. Peccato però che a pagare questo prezzo siano sempre e soltanto i lavoratori.   

Le denunce di infortunio presentate all’Inail nei primi tre mesi del 2024 sono state 145.130, in aumento dello 0,4% rispetto alle 144.586 del primo trimestre del 2023, del 12,8% rispetto a gennaio-marzo 2021 e del 10,9% rispetto a gennaio-marzo 2020, e in diminuzione del 7,9% sul 2019, anno che precede la crisi pandemica, e del 25,2% rispetto al 2022.

Le denunce di infortunio sul lavoro con esito mortale presentate all’Istituto nel primo trimestre 2024 sono state 191, cinque in meno rispetto alle 196 registrate nel primo trimestre 2023 e 21 in meno sul 2019, 25 in più rispetto al 2020, sei in più sul 2021 e due in più sul 2022.

A livello nazionale i dati rilevati a marzo di ciascun anno evidenziano per il primo trimestre 2024 rispetto al pari periodo 2023, pur nella provvisorietà dei numeri, un incremento dei casi avvenuti in occasione di lavoro, passati da 148 a 151, e un calo di quelli in itinere, da 48 a 40. La diminuzione ha riguardato la gestione Agricoltura (da 20 a 18) e il Conto Stato (da 8 a 4), mentre l’Industria e servizi passa da 168 a 169 denunce mortali.

Maurizio Landini segretario della CGIL ha dichiarato “  “Siamo di fronte a una strage continua. Quando ogni giorno abbiamo una media di tre morti e i dati vanno peggiorando, possiamo parlare solo di strage: i numeri parlano chiaro, con mille vittime all’anno significa che negli ultimi 20 anni sono morte 20mila persone. Senza contare che ogni anno stanno aumentando gli infortuni, 500mila nel solo 2023 con oltre 70mila malattie professionali riconosciute: quindi si muore sul lavoro, ci si infortuna e ci si ammala. Questo significa che va cambiato il modello con cui oggi si lavora e il sistema dell’appalto, del subappalto e del sottoappalto e della precarietà è quello che va combattuto, proprio un modo di fare impresa e di lavorare che va modificato e noi ci battiamo per questo”. Ed ha aggiunto “Finora il governo sul tema della sicurezza sul lavoro non ha fatto nulla, anzi ha peggiorato le norme sulla precarietà”.

Gli fa eco  Bombardieri che ha dopo l’incidente sul lavoro nella centrale idroelettrica di Bargi (Bo) sulla diga di Suviana in cui hanno perso la vita quattro persone ha dichiarato . “C’è una sostanziale impunità nei confronti di chi viola le norme sulla sicurezza sul lavoro, ed è questo che porta ad un aumento” sia degli incidenti che delle vittime” ed ha aggiunto “Noi continuiamo a registrare tragedie perché rispetto alle misure chieste dal sindacato non ci sono state risposte, nessun intervento sulle cause principali cioè il sistema dei subappalti e le gare al massimo ribasso e la necessità di avere normative identiche tra pubblico e privato”., 

I sindacati hanno chiesto l’introduzione nel codice penale del reato di omicidio sul lavoro e lesioni gravi e gravissime alle lavoratrici ed ai lavoratori.

La normativa in vigore, visti i numeri dell’INPS e dell’INAIL ,  non si è rivelata adeguata a fronteggiare il grave fenomeno di fronte a ogni caso in cui il datore di lavoro cagionasse la morte di un lavoratore, per distrazione, disinteresse, o noncuranza delle normative sulla sicurezza, al fine di privilegiare il profitto rispetto alla tutela della vita umana, della salute, del diritto al lavoro e della dignità umana.

Il movimento 5 stelle ha m depositato un  ddl, che ha come primo firmatario il senatore Luca Pirondini, che ha spiegato nel dettaglio  che  “Si tratta di un testo di 10 articoli con il quale si punta molto sulla prevenzione e si propone di istituire il reato di ‘omicidio sul lavoro’ introducendo nell’ordinamento due nuovi articoli” con conseguente aumento della pena.

“Ma il M5S, vuole anche che sia dia vita alla Procura Nazionale per gli Infortuni sul Lavoro”. Il testo, redatto “anche con la collaborazione di Usb”, l’Unione sindacale di base, “dovrebbe ottenere un sostegno trasversale – è l’auspicio di Castellone – perché tutte le forze politiche dovrebbero convenire sul fatto che questa emergenza vada fermata”.

Il governo della signora Meloni, rimane indifferente di fronte al problema rifiutando tramite il ministro Nordio l’ipotesi dell’introduzione del reato  di omicidio sul lavoro.

La  norma anche se dovesse essere introdotta non risolverebbe il problema che si inserisce in un quadro ben più importante di diritti negati. Da oltre venti anni i nostri governati, compreso il PD, hanno  introdotto una serie di norme tese a ridurre gli spazi di democrazia costruiti dai nostri padri costituenti con l’introduzione di una carta che non era soltanto il punto di arrivo di una lunga marcia vittoriosa attraverso il nazifascismo, ma anche un  programma per le nuove generazioni in cui veniva stabilito un equilibrio fra le componenti sociali. Come definire la riforma del titolo quinto della costituzione? Come l’introduzione del  job act del governo Renzi che cancellava le difese dell’art. 18 dello statuto dei lavoratori? Che dire della riduzione dei parlamentari voluto dal partito dei cinque stelle fino ad arrivare alle profonde previste trasformazioni dettate dall’autonomia differenziata fino alla elezione diretta del Presidente del consiglio?

Se il progetto di revisione costituzionale del Governo Meloni dovesse andare in porto, vedremmo una Costituzione sfigurata nella sua essenza, ossia un’altra Costituzione. 

L’egemonia che il liberismo sta esercitando sull’economia globalizzata unita ad un capitalismo selvaggio che considera le regole un fastidioso orpello di cui liberarsi, ha provocato una forte ripresa nello sfruttamento del mondo del lavoro di cui gli infortuni sono solo uno dei fenomeni, anche se il più preoccupante.

Bisogna lottare per cambiare i sistemi di produzione, di consumo, di sfruttamento delle risorse umane e materiali. Ma ciò non sarà possibile senza una ripresa del conflitto sociale che metta al centro dei rapporti di produzione i lavoratori e i loro rappresentanti. La sinistra che non si ricostruisce in Italia è perché ha perso i riferimenti, perché non tiene conto delle migliaia di lavoratori abbandonati a se stessi e i cui unici riferimenti, nel bene e nel male sono i sindacati. La sinistra deve porsi il problema che le regole del mercato inquinano profondamente i rapporti sociali e di fronte ad una offerta vantaggiosa del mercato da qualche parte c’è qualcuno che sta pagando in termini di diritti, di salute, di dignità, di ambiente.

Cambiare si può solo riaprendo il conflitto sociale mettendosi al servizio di coloro i quali subiscono gli effetti di queste regole perverse dell’economia. I giovani studenti americani, italiani e di tutto il mondo stanno indicando qual è la via essi ci dicono che è necessaria una presa di coscienza e un cambiamento di strategie  perché la situazione ora è tale che impone a tutti di ripensare l’attuale modello sociale che ha fatto della guerra lo strumento principe del regolamento dei rapporti fra stati  e non solo. Come ha dichiarato Giuseppe Dossetti “La resistenza individuale e collettiva agli atti dei pubblici poteri, che violino le libertà fondamentali e i diritti garantiti dalla Costituzione, è diritto e dovere di ogni cittadino.” Padre Alex Zanottelli a sua volta ha detto “Fondamentale imbroccare seriamente la strada della disobbedienza civile per tutte quelle leggi che disumanizzano i nostri fratelli e le nostre sorelle e disumanizzano anche noi.”

Se aspettiamo che qualcuno ci restituisca ciò che ci è stato tolto o siamo degli illusi o siamo in malafede. Quello che ci è stato tolto, quello che è stato tolto ai lavoratori ed alla democrazia dobbiamo riprendendocelo riaprendo il conflitto sociale avendo come unico riferimento la Carta Costituzionale e come unici alleati i lavoratori gli studenti, i proletari e i loro enti di riferimento, cioè i sindacati.

Beppe Sarno

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